martedì 8 maggio 2007

L’orto idroponico fai da te

Cosa significa orto idroponico.

L’idroponia è una tecnica “fuori suolo” in cui in sostituzione del terreno agrario viene utilizzata una soluzione nutritiva ed un substrato inerte.
Con questa tecnica è possibile ottenere una produzione maggiore a parità di superficie coltivata; inoltre può essere impiegata come alternativa in qualsiasi luogo in cui, per motivi di scarsa fertilità del suolo, non è possibile utilizzare metodi di agricoltura tradizionali.
È possibile fare agricoltura idroponica utilizzando diverse tecniche; abbiamo scelto di applicare la tecnica a “radice flottante” e la tecnica a “substrato inerte” perché per noi più semplici ed economiche.

Il manuale “La Huerta Hidroponica Popular”

Il desiderio di dare vita ad una sperimentazione della tecnica idroponica applicata in contesti sociali nasce in seguito alla conoscenza di esperienze realizzate dalla FAO in America Latina. In particolare abbiamo seguito i consigli suggeriti nel manuale “La Huerta Hidroponica Popular” pubblicato dalla FAO, in cui venivano presentate delle tecniche semplificate che illustravano la costruzione di piccoli orti domestici proponendo una metodologia che fosse utilizzabile anche da persone prive di conoscenze agronomiche. Inoltre questo sistema di coltivazione non richiedeva l’investimento di grosse somme di denaro poiché si utilizzava materiale di riciclaggio e manodopera familiare.

La prima esperienza

Abbiamo potuto dare vita alla nostra prima esperienza di “Huerta Hidroponica Popular” assemblando oggetti raccolti da spazzatura urbana (come tavole di legno, vecchi copertoni di automobile, ecc.) poi abbiamo creato dei contenitori successivamente riempiti con del lapillo vulcanico raccolto direttamente in una cava sita nelle vicinanze. Abbiamo seguito le indicazioni del manuale FAO che imponeva l’uso di materiali reperibili in loco a bassissimo investimento.
Per fertirrigare le colture abbiamo utilizzato delle soluzioni nutritive già pronte per l’uso; questa scelta, se da un lato incideva negativamente sui costi variabili, dall’altro rendeva il lavoro molto più facile.

Le prime specie orticole che abbiamo seminato sono state rucola, ravanello, prezzemolo, lattuga da taglio, lattuga canasta e spinaci. Successivamente la lattuga è stata trapiantata dal semenzaio contenente lapillo vulcanico al contenitore predisposto per la tecnica a “radice flottante”.
La produzione per metro quadrato ha soddisfatto le attese: il ravanello ha persino quadruplicato la produzione ottenibile con metodi tradizionali, ottenendo più di 700 ipocotili per metro quadrato.
Non abbiamo avuto bisogno di interventi fitosanitari, poiché le piante non sono state significativamente attaccate da organismi patogeni, fatta eccezione per la lattuga esposta agli attacchi della nottua, un lepidottero alato e quindi capace di raggiungere i contenitori rialzati dal terreno. Per affrontare questo problema ci siamo limitati a rimuovere manualmente le larve depositate tra le foglie.

Per quanto concerne l’aspetto tecnico della realizzazione dell’esperienza non abbiamo incontrato grosse difficoltà; questo metodo di coltivazione può realmente essere appreso e messo in pratica da chiunque, anche senza avere una preparazione agronomica.
Sono emersi dei problemi, invece, sotto il profilo economico, in quanto ci risultava difficile dare un costo al lavoro domestico necessario alla manutenzione dell’orto. Assegnando un costo del lavoro pari a quello di un bracciante agricolo italiano, il ricavo risultava inferiore ai costi di manodopera. Per questo valutando l’esperienza secondo i parametri utilizzati dall’economia tradizionale il nostro lavoro riportava nel bilancio un risultato negativo. Questo inizialmente ci aveva delusi e scoraggiati. In realtà, riconsiderando la questione dal punto di vista sociale valorizzato dall’ottica FAO, ci siamo resi conto che si trattava solo di una questione di punti di vista. La nostra esperienza voleva avere un valore sociale oltre che economico, per questo determinati parametri non potevano essere quantificati. Di fatto gestire un orto familiare non richiede l’uso di manodopera esterna e può essere gestito nei tempi morti da qualsiasi membro della famiglia, soprattutto da chi non può contemporaneamente svolgere altri lavori fuori casa, come gli anziani, i bambini o persone disabili. Di conseguenza dunque, anche
Motivati ad approfondire l’aspetto sociale dell’esperienza, sicuri delle potenzialità di questa tecnica poco valorizzabile nel contesto dell’azienda agraria, abbiamo chiesto ed ottenuto la possibilità di spostarci in un contesto più consono alle nostre esigenze.
Una cooperativa sociale ci ha dato poi la possibilità materiale di condurre la nostra nuova esperienza.

La seconda esperienza: l’orto sociale.

L’intervento è stato portato avanti presso un centro socio riabilitativo per disabili. Per noi è stata la prima esperienza di contatto con ragazzi diversamente abili, alcuni dei quali affetti da ritardi mentali più o meno gravi, oppure da Sindrome di Down.
Anzi tutto abbiamo mostrato loro dei brevi filmati da noi realizzati nei quali illustravamo il lavoro fatto in azienda, per facilitarli nella comprensione del lavoro che avremmo svolto insieme.
Il contesto nel quale ci trovavamo ora era molto diverso dal precedente; eravamo passati dall’isolamento dell’azienda agraria a una costruzione antica di un centro storico. Questo edificio era dotato di un piccolo giardino nel quale già in passato gli operatori avevano tentato di coltivare, purtroppo senza esito. Le maggiori difficoltà da loro incontrate erano state relative alle operazioni di lavorazione, di lotta alle infestanti, e la poca fertilità del terreno. La nostra tecnica non dovendosi confrontare con questo tipo di problemi portò un nuovo impulso e li rimotivò alla realizzazione di un orto. In più questo particolare metodo di coltivazione, semplice ed innovativo, sembrava incuriosirli molto.
La fase di assemblaggio ha coinvolto una decina di ragazzi. Tutti hanno avuto un ruolo attivo nella costruzione dell’infrastruttura e nelle svolgimento delle operazioni colturali per tutto il tempo di crescita delle piante, apportando ognuno un prezioso contributo in relazione alle proprie caratteristiche. L’interesse e la dedizione mostrata da tutti ci colpì molto, sentivamo di vivere un’esperienza emotiva molto forte e toccante. I ragazzi si sentivano orgogliosi di quello che stavano costruendo per le capacità individuali mostrate e la collaborazione vissuta all’interno del gruppo.
Da parte nostra noi ci sentivamo rispettati e stimati per l’esperienza che stavamo portando; inoltre nel corso del lavoro si stava sviluppando con i ragazzi una relazione umana significativa ed intensa.

Come in azienda, la lattuga è stata prima seminata in semenzaio e poi trapiantata in soluzione liquida per la tecnica a “radice flottante”; dopo circa tre mesi è stata raccolta e consumata dai ragazzi che l’avevano curata.

Grazie all’utilizzazione di questa tecnica agronomica si è osservato nei ragazzi utenti del Centro Diurno Socio Riabilitativo uno stimolo in più verso i processi di responsabilizzazione, di cooperazione, organizzazione del lavoro e promozione dell’autostima.
queste persone hanno la possibilità di contribuire al sostentamento della famiglia, pur non avendo uno spazio nel mercato del lavoro, soprattutto in quei Paesi in via di sviluppo per i quali è stata concepita questa particolare tecnica di coltivazione idroponica.
Qui di seguito viene presentato un nostro video dimostrativo.

4 commenti:

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hello..greetings, nice post and drop simile :) 4u http://publicvaluer.blogspot.com/

Unknown ha detto...

Ciao, complimenti per l'esperimento!
io vorrei chiedervi dei consigli riguardo l'idroponica semplificata perchè sto facendo un esperimento nel mio giardino.

sto coltivando piantine di fagioli con radici immerse in una vasca con solventi per idroponica, ma senza areatore. Come substrato ho utilizzato un gel inerte. Le piantine però crescono molto lentamente.

Vorrei capire come far crescere più velocemente le colture, dove posso recuperare substrati che abbiano nutrienti?
E' consigliabile l'areatore per le piantine?

Spero in un vostro aiuto,

giacomo

-= Niomix =- ha detto...

Ciao e grazie per le preziose info.
E' un po che ci giro attorno... ho letto parecchio da idroponia aeroponia e acquaponia...
Ho una ottima esperienza sulle piante da acquario, quindi so che prima o poi devo cimentarmi nella idroponia.
Proverò come hai suggerito nel blog a recuperare le info sul documento della FAO.

Ciao !

-= Niomix =- ha detto...

Ciao e grazie per le preziose info.
E' un po che ci giro attorno... ho letto parecchio da idroponia aeroponia e acquaponia...
Ho una ottima esperienza sulle piante da acquario, quindi so che prima o poi devo cimentarmi nella idroponia.
Proverò come hai suggerito nel blog a recuperare le info sul documento della FAO.

Ciao !